Quando la musica è poesia: Lucio Dalla

La creatività degli esseri umani è una grande potenzialità.

I modi in cui viene espressa sono veramente i più disparati.

La pittura, la poesia, la musica sono tre di questi.

Ma può succedere che anche un’espressione apparentemente più comune e di fruizione più immediata sia comunque una forma di arte vera e propria.

E’ il caso di alcune canzoni di musica leggera che ascoltiamo, senza renderci conto del valore del testo, di queste ultime.

In molti casi si tratta di vere e proprie poesie.

Sicuramente uno degli artisti più esemplari che è riuscito in questo intento è quello che vi vado a proporre.

Siete pronti?

Relax!

Si parte!

La poesia di Lucio Dalla

Quando ci sono tante opere di livello come in questo caso, la parte più difficile è quella di fare una selezione.

Perdonate se non ho potuto proporre tutto quello che avrei voluto.

Spero, in ogni modo che questi cinque capolavori siano esemplificativi per dimostrare la poesia da loro trasmessa.

Il titolo, da Gesù bambino, divenne semplicemente 4 marzo 1943, data di nascita di Lucio Dalla.

4 Marzo 1943

Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare

parlava un’altra lingua, però sapeva amare

e quel giorno lui prese a mia madre, sopra un bel prato

l’ora più dolce, prima d’essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto

con l’unico vestito, ogni giorno più corto

e benchè non sapesse il nome e neppure il paese

mi aspettò come un dono d’amore, fino dal primo mese.

Compiva sedici anni, quel giorno la mia mamma

le strofe di taverna, le cantò a ninna nanna

e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare

giocava a far la donna, col bambino da fasciare.

E forse fu per gioco, e forse per amore

che mi volle chiamare, come Nostro Signore

della sua breve vita il ricordo, il ricordo più grosso

è tutto in questo nome, che io mi porto addosso

e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino

per la gente del porto io sono, Gesù Bambino

e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino

per la gente del porto io sono, Gesù Bambino.

Nella nostra selezione non poteva mancare questo capolavoro.

Caruso

Caruso è uno dei brani più emozionanti e celebri di Lucio Dalla, inciso nel 1986.  E’ tratto dall’album live DallAmeriCaruso ed è diventato, nel tempo un vero e proprio classico della musica italiana.

Il significato della canzone fu raccontato dallo stesso cantautore.

Ebbe un guasto all’imbarcazione e così dovette fermarsi in un albergo a Sorrento. La stanza che gli venne data fu proprio la stessa nella quale, anni prima, aveva soggiornato Enrico Caruso, poco prima di morire. Sono stati gli stessi proprietari a raccontare a Dalla alcuni aneddoti personali del cantante e, tra quanto rivelato, anche le lezioni di canto date ad una giovane del posto. Anni dopo, in seguito, ha dichiarato che Angelo, barista che lavorava in un bar di Sorrento, gli rivelò di come sua zia fosse stata la cameriera di Caruso.”

Caruso

Qui dove il mare luccica,
E tira forte il vento
Su una vecchia terrazza
Davanti al golfo di Surriento
Un uomo abbraccia una ragazza,
Dopo che aveva pianto
Poi si schiarisce la voce,
E ricomincia il canto.Te voglio bene assaje,
Ma tanto tanto bene sai
è una catena ormai,
Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene sai.Vide le luci in mezzo al mare,
Pensò alle notti là in America
Ma erano solo le lampare
Nella bianca scia di un’elica
Sentì il dolore nella musica,
Si alzò dal pianoforte
Ma quando vide la luna uscire da una nuvola
Gli sembrò più dolce anche la morte
Guardò negli occhi la ragazza,
Quelli occhi verdi come il mare
Poi all’improvviso uscì una lacrima,
E lui credette di affogareTe voglio bene assaje,
Ma tanto tanto bene sai
è una catena ormai,
Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene saiPotenza della lirica,
Dove ogni dramma è un falso
Che con un po’ di trucco e con la mimica
Puoi diventare un altro
Ma due occhi che ti guardano
Così vicini e veri
Ti fan scordare le parole,
Confondono i pensieri
Così diventa tutto piccolo,
Anche le notti là in America
Ti volti e vedi la tua vita
Come la scia di un’elica
Ma sì, è la vita che finisce,
Ma lui non ci pensò poi tanto
Anzi si sentiva già felice,
E ricominciò il suo cantoTe voglio bene assaje,
Ma tanto tanto bene sai
è una catena ormai,
Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene sai

Futura

“Una tra le canzoni, nonostante sia altamente metaforica, che raccontano la tragedia umana del muro di Berlino senza troppo cavalcare la controversia politica è italiana, di Lucio Dalla.

È il 1980, il Muro di Berlino ha poco meno di vent’anni e Dalla ne ha trentasette. Seduto su una panchina nei pressi del famoso Checkpoint Charlie, punto di controllo per i pochi fortunati che potevano viaggiare tra le due Berlino, Dalla scrive Futura, uno dei suoi brani più intensi e conosciuti.”

Dalla stesso raccontò in un’intervista successiva:

“Il testo di Futura nacque come una sceneggiatura, poi divenuta canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il Muro e mi feci portare da un taxi al Charlie Check Point, punto di passaggio tra Berlino est e Berlino Ovest. Chiesi al tassista di aspettare qualche minuto.

Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi. Ne discese Phil Collins che si sedette nella panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta. In quei giorni a Berlino c’era un concerto dei Genesis, che erano un mio mito. Tanto che mi venne la tentazione di avvicinarmi a Collins per conoscerlo, per dirgli che anch’io ero un musicista.

Ma non volli spezzare la magia di quel momento. Rimanemmo mezz’ora in silenzio, ognuno per gli affari suoi. In quella mezz’ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l’altro di Berlino Ovest che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura”.

Futura

Chissà chissà domani
su che cosa metteremo le mani
se si potrà contare ancora le onde del mare
e alzare la testa
non esser così seria, rimani
i russi, i russi gli americani
no lacrime non fermarti fino a domani
sarà stato forse un tuono
non mi meraviglio
è una notte di fuoco
dove sono le tue mani
nascerà e non avrà paura nostro figlio

e chissà come sarà lui domani
su quali strade camminerà
cosa avrà nelle sue mani, le sue mani
si muoverà e potrà volare
nuoterà su una stella
come sei bella
e se è una femmina si chiamerà
Futura.
Il suo nome detto questa notte
mette già paura
sarà diversa bella come una stella
sarai tu in miniatura

ma non fermarti voglio ancora baciarti
chiudi i tuoi occhi non voltarti indietro
qui tutto il mondo sembra fatto di vetro
e sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio.

Di più, muoviti più fretta di più, benedetta
più su, nel silenzio tra le nuvole, più su
che si arriva alla luna, sì la luna
ma non è bella come te questa luna
è una sottana americana
Allora su mettendoci di fianco, più su
guida tu che sono stanco, più su
in mezzo ai razzi e a un batticuore, più su
son sicuro che c’è il sole
ma che sole è un cappello di ghiaccio questo sole
è una catena di ferro senza amore,
amore, amore, amore.

Lento lento adesso batte più lento
ciao, come stai
il tuo cuore lo sento
i tuoi occhi così belli non li ho visti mai
ma adesso non voltarti
voglio ancora guardarti
non girare la testa
dove sono le tue mani
aspettiamo che ritorni la luce
di sentire una voce
aspettiamo senza avere paura,
domani.

La sera dei miracoli

“La sera dei miracoli è una canzone di Lucio Dalla inserita nell’album Dalla uscito nel 1980. Lo stesso cantautore ha spiegato che si tratta di una dedica a Roma città dove ha vissuto tra il 1980 e il 1986 in un appartamento al civico 7 di vicolo del Buco. Proprio lì c’è anche una targa che ricorda Lucio Dalla. Il testo venne scritto durante l’Estate Romana, una manifestazione culturale che coinvolgeva tutta la città con eventi teatrali, musicali e cinematografici. Lucio Dalla spiegò durante un concerto che era un momento di fuoco per la città, era bellissima. Tornato a casa a Trastevere, si mise al pianoforte e compose La sera dei miracoli.

In quella serata aveva ammirato una Capitale alle prese con una gioia collettiva unica con canti, feste e tanta felicità. Proprio per questo decise di dedicare una canzone a Roma.”

La sera dei miracoli

È la sera dei miracoli fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma
Con la bocca fa a pezzi una canzone
È la sera dei cani che parlano tra di loro
Della luna che sta per cadere
E la gente corre nelle piazze per andare a vedere

Questa sera così dolce che si potrebbe bere
Da passare in centomila in uno stadio
Una sera così strana e profonda che lo dice anche la radio
Anzi la manda in onda
Tanto nera da sporcare le lenzuola
È l’ora dei miracoli che mi confonde
Mi sembra di sentire il rumore di una nave sulle onde

Si muove la città
Con le piazze e i giardini e la gente nei bar
Galleggia e se ne va
Anche senza corrente camminerà
Ma questa sera vola
Le sue vele sulle case sono mille lenzuola

Ci sono anche i delinquenti
Non bisogna avere paura ma stare un poco attenti
A due a due gli innamorati
Sciolgono le vele come i piratiE in mezzo a questo mare
Cercherò di scoprire quale stella sei
Perché mi perderei
Se dovessi capire che stanotte non ci sei

È la notte dei miracoli fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma
Ha scritto una canzone
Lontano una luce diventa sempre più grande
Nella notte che sta per finire
E la nave che fa ritorno
Per portarci a dormire.

Concludiamo con una canzone che ricordo sempre quando inizia un nuovo anno.

L’anno che verrà

“Quello de “L’anno che verrà” è forse l’incipit più famoso del repertorio di Lucio.

Scritta nel 1978 e pubblicata nel 1979, la canzone fu inizialmente dedicata al suo grande amico Giuseppe Rossetti, il quale per motivazioni politiche venne incarcerato (si racconta che proprio Lucio passò la notte di Capodanno in compagnia di Giuseppe in prigione). La prima versione del testo sarebbe stata  scritta nella casa di Rossetti nel paese di Moghidoro (Bologna). Il testo venne poi rivisto da Lucio Dalla insieme all’amico padre Michele Casali, un frate domenicano di Bologna, altra persona alla quale si pensa sia dedicata la canzone.”

L’anno che verrà è la lettera che ognuno di noi amerebbe scrivere ad un amico caro in occasione dell’arrivo dell’anno nuovo.  Dalla ci ha regalato una bellissima lettera, considerata poesia allo stato puro, che può essere contestualizzata in qualsiasi epoca. E’ sicuramente una lettera senza tempo, che dopo oltre 30 anni dalla sua prima stesura, potrebbe essere stata scritta proprio per il periodo che tutti noi stiamo vivendo.

L’anno che verrà

Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’
E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò
Da quando sei partito c’è una grossa novità
L’anno vecchio è finito, ormai
Ma qualcosa ancora qui non va

Si esce poco la sera, compreso quando è festa
E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra
E si sta senza parlare per intere settimane
E a quelli che hanno niente da dire
Del tempo ne rimane

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando

Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno
Ogni Cristo scenderá dalla croce
Anche gli uccelli faranno ritorno
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno
Anche i muti potranno parlare
Mentre i sordi già lo fanno

E si farà l’amore, ognuno come gli va
Anche i preti potranno sposarsi
Ma soltanto a una certa età

E senza grandi disturbi qualcuno sparirà
Saranno forse i troppo furbi
E i cretini di ogni età

Vedi, caro amico, cosa ti scrivo e ti dico
E come sono contento
Di essere qui in questo momento
Vedi, vedi, vedi, vedi

Vedi caro amico cosa si deve inventare
Per poter riderci sopra
Per continuare a sperare

E se quest’anno poi passasse in un istante
Vedi amico mio
Come diventa importante
Che in questo istante ci sia anch’io

L’anno che sta arrivando tra un anno passerà
Io mi sto preparando, è questa la novità.



Che le parole di queste canzoni ci riempiano di speranza verso un futuro migliore.

E’ l’augurio per voi tutti da Mastrogessetto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com